martedì 19 marzo 2013

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Padrini a fumetti [con aggiornamento! Recuperato un numero non censito di Padrino Boss!]


Il genere gangsteristico (cinematograficamente il mio preferito) trova la sua piena espressione in due modelli di una potenza narrativa straordinaria. Il primo è il modello Al Capone, ovvero la parabola del gangster che, facendosi strada nella società, conquista i massimi livelli del potere criminale, si spinge troppo oltre e decade. Questo è il modello della prima metà del secolo scorso, che nasce con la figura storica di Al Capone ma diventa mito anche grazie a certi film degli anni '20 e '30 come Piccolo Cesare di Mervyn Leroy e Scarface di Howard Hawks. Il personaggio centrale della parabola è strettamente imparentato con i corrispettivi personaggi di altri generi affini, in particolare col detective privato del giallo hard-boiled e col fuorilegge, il desperado del Western. Con questi, infatti, condivide l'appartenenza a un mondo altro; tutti questi personaggi archetipi posseggono un codice di comportamento che li rende estranei alla società comune e rispettabile. Hanno un proprio senso dell'onore e della giustizia che li porta ad addrizzare torti laddove la giustizia tradizionale non arriva per manifesta incapacità.




Il secondo modello è il modello Padrino, che ha trovato la sua strada espressiva nella seconda metà del XX secolo, nel libro di Mario Puzo prima (1969) e nel film di Coppola poi (1972). Qui la struttura portante non è l'ascesa e il declino del protagonista ma l'amministrazione del potere, e la figura centrale non è più il self made man al negativo ma l'organizzazione stessa, la famiglia. Le istituzioni sono il nuovo cardine narrativo. L'uomo può solo appartenere a un'istituizione, e l'appartenenza alla famiglia garantisce protezione e difesa contro le altre istituzioni: altre famiglie, polizia, governi, stati. Le istituzioni, anche quelle ufficiali come la polizia o la chiesa, non sono migliori della famiglia ma rappresentano soltanto altre interpretazioni di un mondo dove tutto ciò che conta è  "u bisinness". La figura centrale è il Boss, che non è soltanto il capo mafia ma è anche un giudice, un papa, che tutto vede, tutto pontifica e tutto decide senza sporcarsi le mani in prima persona.

Tutto questo preambolo per parlarvi oggi di una, anzi tre collane che rappresentano bene il vasto fenomeno dell'exploitation, ovvero lo sfruttamento commerciale di prodotti che hanno «poca o addirittura nessuna attenzione alla qualità o al merito artistico, ma [dove c'è invece un] interesse al guadagno veloce, di solito attraverso tecniche di pubblicità che enfatizzano qualche aspetto sensazionale del prodotto»  (Ephraim Katz, fonte Wikipedia). Nel caso del fumetto la tecnica di pubblicità più semplice, diretta e meno costosa (almeno in passato, quando tutto si poteva fare senza pagare un centesimo di diritti) è quella di dare il volto di un personaggio famoso al protagonista dell'albo. Specialmente grazie alla diffusione del cinema il fenomeno ha iniziato ad attecchire nel fumetto italiano già negli anni '50, per diventare piuttosto consistente nei '60 e deflagrare prepotentemente negli anni '70 soprattutto nell'ambito dei fumetti erotici (i primi che vengono alla mente sono i due grandi classici Lando (1973), col volto di Adriano Celentano e Il Montatore (1975) col volto di Lando Buzzanca.



Poco dopo il successo al botteghino del Padrino, arriva la metamorfosi fumettistica anche per Marlon Brando, che nella versione cartacea diventa il boss Don Santo Trapanese per la collana Padrino Boss, serie della durata di appena 3 numeri [4 numeri! Vedi aggiornamento a fine post!] pubblicata da Pinguino Edizioni di Milano fra il 1972 e il 1973. La casa editrice è certamente una meteora del fumetto italiano (per quanto ne so, questo è il primo e ultimo fumetto che pubblica), ma dietro l'etichetta sconosciuta si nasconde l'intraprendenza di un nome nient'affatto nuovo al mondo del fumetto, e cioé quello di Nino Cannata, prolifico sceneggiatore che si era distinto pochi anni prima (1965) per aver dato alla luce il personaggio di Sadik dell'editore Dal Buono, e successivamente aveva ideato e sceneggiato alcuni personaggi erotici per la S.I.E. di Erasmo Buzzacchi (Justine, Angelica), che come abbiamo avuto modo di accennare non molto tempo fa, fu una casa editrice molto importante nella fase di passaggio fra gli anni '60 e i '70. I disegni di questo Padrino clonato furono affidati al bravo Gino Dauro, già collaboratore di Cannata e Buzzacchi per altri lavori.



Conoscendo la storia lavorativa di Nino Cannata e il suo significativo apporto al mondo del fumetto nero ed erotico, ci risulta anche più facile capire perché in questo caso il prodotto finale non fu all'altezza delle aspettative e la serie chiuse dopo appena tre uscite. L'errore fondamentale che, a mio parere, trasforma questa collana da potenzialmente significativa a semplice curiosità per cultori del fumetto d'antiquariato sta nel fatto che tutto ciò che abbiamo detto all'inizio sul modello Padrino viene in questo fumetto completamente disatteso. Manca quasi del tutto un riferimento alla famiglia, se si esclude un patetico rapporto familiare fra Don Santo Trapanese e suo figlio che diventa pretesto per lo sviluppo delle trame.


Ma soprattutto, Don Santo Trapanese è tutto fuorché un vero Padrino, dato che interviene in prima persona in ogni circostanza ed è un uomo d'azione. La componente mistica della figura del boss è completamente assente.



In pratica, Padrino Boss è un esperimento fallito perché, invece di sfruttare le caratteristiche e i meccanismi del genere a cui dovrebbe fare riferimento, ricalca le formule (ben note a Cannata) del fumetto nero e poliziesco del decennio precedente, senza aggiungere nulla di nuovo. Scambi di persona, inseguimenti, interrogatori, ricatti ecc ecc. come già erano stati visti centinaia di volte sono riproposti tali e quali. Non bastano il volto di Marlon Brando e qualche esclamazione con accento siciliano a mascherare un prodotto che, stringi stringi, è solo uno degli ultimi tentativi di riportare in vita un genere di fumetti che nel 1972 era per lo più già defunto.

Tuttavia, la storia editoriale di Padrino Boss non finisce qui. Infatti forse non tutti sanno che ne esiste un quarto numero, pubblicato sotto mentite spoglie. Appena un paio di mesi dopo la chiusura della collana, nell'aprile 1973 esce nelle edicole il primo numero di una nuova serie di fumetti dal titolo Cosa Nostra. Il titolo della storia è "Mitra, lupara e dollari":



La sorpresa arriva aprendo l'albo e leggendo il frontespizio:



Dev'essere successo che il numero 4 di Padrino Boss era già andato in stampa quando fu decretata la chiusura della vecchia collana, e dunque tutti i volumi stampati furono ceduti o passati a un nuovo editore che li ricopertinò (e rifilò, perché sono più piccoli) per poi metterli in vendita.

Il nome del nuovo editore, sempre Milanese, è Boss Periodici, una denominazione che farebbe pensare a un interesse particolare proprio per il genere gangsteristico, tant'è che in quarta di copertina viene pubblicizzata l'imminente uscita di un'altra collana affine intitolata Il Boss - I racconti della mafia:



La nuova collana Il Boss non partì subito, ma di questo ne parliamo dopo. Francamente non so di preciso che tipo di parentela vi fosse fra la vecchia Pinguino Edizioni e la nuova Boss Periodici. Tuttavia si può ipotizzare più di un legame, dato che dal secondo numero di Cosa Nostra il direttore responsabile, subentrando a  Giuseppe Bonazzoli, divenne Erasmo Buzzacchi, che come abbiamo già accennato aveva avuto in passato diverse esperienze lavorative con Nino Cannata. Per di più, la Boss Periodici pubblicò in quei mesi anche un fumetto di nome Zac!, ovvero una ristampa di Walter Sten, personaggio creato da Nino Cannata e pubblicato da Del Buono nel 1965. Insomma, di sicuro il "giro" di persone doveva essere più o meno sempre quello.



La sfortuna della Boss Periodici, per quanto riguarda Cosa Nostra, fu quella di avere a disposizione soltanto una storia di Padrino Boss. Infatti il secondo numero non c'entra più niente con il nostro Don Vito Trapanese, e contiene invece un racconto sul modello Al Capone. Narra la storia di un giovane di nome Salvo Vitale che dalla Sicilia emigra in America a cercare fortuna, si fa strada nella malavita fino a raggiungere i massimi livelli del crimine e alla fine viene ucciso. Ecco le tre tavole che rappresentano i tre punti della parabola:



Parlo di sfortuna della Boss Periodici perché, per quanto  Padrino Boss non eccellesse in originalità, aveva almeno una solidità di sceneggiatura e una qualità del disegno che lo rendevano, al di là di ogni altra considerazione, un prodotto dignitoso. Cosa Nostra n.2 invece è molto al di sotto in termini di qualità generale e sembra più l'opera di qualche amatore che non di professionisti (non so chi siano gli autori, ma di certo erano molto meno esperti di Nino Cannata e Gino Dauro). Per sopperire (per modo di dire) a queste lacune, l'editore puntò a qualche nudo e a un linguaggio molto esplicito, che tra l'altro a volte assume connotazioni involontariamente comiche per via del dialetto siciliano:



Cosa Nostra fece peggio di Padrino Boss e, comprensibilmente, non andò oltre il numero 2.

La Boss Periodici, però, fedele al proprio nome, non si diede per vinta e molti mesi dopo la chiusura di Cosa Nostra fece uscire, alla fine del 1973, quella collana dal titolo Il Boss che aveva da lungo tempo pubblicizzato.



Indovinate? Andò anche peggio delle due serie precedenti e ne uscì un solo numero. La gerenza interna riporta che la serie è in realtà il n.3 della collana Cosa Nostra, e dunque come tale va considerata, anche se il titolo dell'albo non è quello che veniva pubblicizzato alla fine del n.2. La storia non è che un poliziesco con il personaggio principale chiamato Padrino, e l'atmosfera gangsteristica non c'è per niente. I disegni e il lettering sono migliori del n.2: almeno si vede che il disegnatore, di ispirazione se vogliamo un po' kirbiana, si impegna.



L'albetto si conclude con una storia in appendice di fantascienza (di un uomo che si porta a letto una donna che alla fine si rivela un'aliena), che non c'entra niente con tutto il resto ma che segnalo perché il disegno presenta delle caratteristiche interessanti e piuttosto ricercate per un fumetto popolare. E con queste ultime immagini vi do appuntamento a presto.





Collezionisticamente Parlando:

Padrino Boss (Pinguino Edizioni 1972): escono tre numeri, di facile reperibilità.
Cosa Nostra + Il Boss (Boss Periodici1973): i primi due numeri sono Cosa Nostra, il terzo Il Boss. Quest'ultimo è forse l'albo più difficile da trovare, ma la domanda non è alta per cui quando si trova i prezzi sono bassi.

AGGIORNAMENTO (18 LUGLIO 2013)

Grazie alle segnalazioni in commento a questo post del lettore Riccardo, abbiamo scoperto l'esistenza di un numero 4 di Padrino Boss, che ha copertina e interni identici a Cosa Nostra n.1. La scoperta è molto interessante e l'albo non era stato censito neppure nella Guida al Fumetto Italiano II ed. a cura di Gianni Bono. A questo punto si spiega anche perché il n.1 di Cosa Nostra sia rifilato: evidentemente sono state ricopertinate le rese di Padrino Boss 4. A mio avviso si tratta di un albo difficile da reperire (anche perché le rese non sono  giunte fino a noi, dato che sono diventate Cosa Nostra). Ecco l'immagine che il gentile Riccardo ci ha inviato:



22 commenti:

  1. sempre molto interessanti i tuoi post.. bravo Federico!

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  2. Ti ho appena assegnato un Liebster Award:

    http://lucalorenzon.blogspot.it/2013/03/liebster-award.html


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    1. grazie! Un po' catena di sant'antonio, ma fa piacere :)

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  3. L'uso di volti noti, oltre che essere un'attrattiva potenziale in edicola, serve ai disegnatori per avere facilmente un certo numero di espressioni già pronte cui ispirarsi, sufficiente avere un DVD con quell'attore in un ruolo simile a quello del suo sosia a fumetti, oppure (all'epoca di questi fumetti) delle riviste...

    PS: quando puoi, risponderesti al mio messaggio relativo alla Cronologia di Braccio di Ferro? Grazie.

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    1. Ciao Gas, scusa se non ti ho risposto ma... non so che dirti. Cerco di indagare un po' e ti faccio sapere

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  4. Hai vinto un altro Liebster Award :-)

    http://fumettidicartarchivio.blogspot.it/2013/03/liebster-award.html

    Un caro saluto

    Orlando

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  5. Bell'articolo, bravo Federico.

    Andrea

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    1. Grazie Andrea, qualche giorno fa sono stato a Italycomics, vicino a casa tua. La conosci?

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    2. Certo, ci lavora anche un mio amico... Ehi è ora che ci si rivede, per portare avanti il nostro progettino.

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  6. Interessante, grazie.
    Noto che quella copertina del Montatore sembrerebbe disegnata da Manara, mentre il fumetto di fantascienza finale ha qualcosa che mi ricorda Chies ...

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    1. Ciao Giuda, grazia a te (con ritardo) per l'intervento. Manara mi sembra anche a me. Invece devo riconoscere la mia ignoranza per quanto riguarda Chies...

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  7. Segnalo che di Padrino Boss sono usciti 4 numeri, di cui l'ultimo con la stessa copertina e contenuto del n. 1 di Cosa Nostra

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    1. Interessante segnalazione, grazie.

      Ce l'hai una copia? Potresti mandarmi per cortesia un'immagine?

      Federico

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  8. Sì, ce l'ho. Appena riesco te la mando.

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  9. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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